SALMO 39
“Leggimi un Salmo”
-disse mia madre-
con un fiotto di voce raggrumata.
Ed io, aprendo a caso l’immortale libro,
nel silenzio della stanza lo intonai:
“Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed Egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido”.
Una luce s’insinuò tra la pupilla e lo sguardo
di mia madre, e mansueta come agnella mi sorrise.
Ed io proseguendo.
“ Mi ha tratto dalla fossa della morte…”
e la voce onda alta diveniva,
e urlo non gridato, e ribellione per secoli sopita.
Si levò un coro,
come da bocche oppresse dal silenzio.
Raggiungeva tutti i morti dimenticati,
i vivi con un piede nella fossa.
Era un video, mia madre, ingigantito,
e proiettava le sue angosce sui miei giorni.
Di colpo sentii nelle mie vene
l’incolmabile ritardo della storia,
i suoi treni perduti, le sterili attese.
Sentii il passato e il presente
impossessarsi del mio Io ereditato,
quale gesto d’invasore che impone dittature.
Come bimbo cullato l’affanno si acquetava,
ed allentò, mia madre, la stretta della mano,
come chi ha smesso di temere.
Allora, solo allora, alla mia ansia concessi di apparire:
all’ansia degli occhi e della mano,
all’ansia del cuore e del domani,
all’ansia della vita e della morte.
Caduto, ormai lo schermo delle convenzioni,
mia madre mi appariva in tutta la sua statuaria fragilità.
Le sue fibre suonarono allora,
la tastiera infinita del dolore.
Nelle sue canne d’organo serbava il pianto
di tutti i bimbi abortiti dalla miseria,
tutti i giochi perduti dell’infanzia,
il sudore del pane proletario,
il suo tempo di carrube e d’innocenza.
Il pugno chiuso, ora impotente, ripongo.
Il pugno che sa del grano e della zolla.
del verde degli ulivi e i mandorleti.
Il pugno ammansito, ora ripongo
sul grembo delle attese e dei domani,
mentre il davidico salmo torna a consolare
come l’incontro dell’Angelo e Daniele.
“Mi hai messo sulla bocca
un canto nuovo”
Un canto di raccolti e di sereno,
un canto di vendemmie e fioriture.
Sento nelle tue parole un non so che di antico che mi strugge il cuore , forse è la vita che ci ricorda quanto sia stato bello il tempo passato , bello e forse qualche volta brutto ma pur sempre il tempo della nostra gioventù e dei nostri cari che sono rimasti impressi nella nostra memoria nel nostro sangue e nella nostra anima e che al solo pensiero mi si gela il respiro perché tutto ciò che ci manca è tutto ciò che abbiamo amato di più.
https://saporidelsalento.wordpress.com/?s=il+debito+della+vita
Accomuni esistenze e sentimenti…un testo che sfocia quasi nell’autoanalisi d’un rapporto importante nel suo momento più forte…e picchi di aura poetica impreziosiscono tutto…questo un commento che farei se non andassi oltre il lato visivo e della lettura…questo testo è tanto più, come tu hai tanto di più, e le mie parole potrebbero solo rovinarne la meraviglia…ti abbraccio anna, andrea