La Vestaglia della sposa era un capo assolutamente necessario da includeere nel corredo. La sposa che festeggiava in casa, o col pranzo di nozze o col semplice rinfresco (” Li cumplimienti”) si toglieva l’abito e indossava la comoda ed elegante vestaglia. Tale accessorio si rivelava utile al momento del parto e della nascita del primo figlio. Poi la vestaglia veniva riposta nella cassa…in attesa di essere indossata per qualche altra circostanza…nessuna donna allora usava tenere la vestaglia durante i giorni della vita quotidiana. Stavano gli abiti per “Tutti i Giorni” e l’abito della domenica.
belli come il sole.
❤
dovrei abilitare il blog a trasformare il ❤ in cuoricino..ma non so come fare, Suggerimenti dagli esperti? Grazie!
penso che ci vogliano esperti che mettano mano al sistema, ci vuole un codice diverso, che riconosca il “minore tre” come cuoricino
;-)))
Nostalgia del passato? Chi ha scelto la scrittura per comunicare con il prossimo, col mondo intero, prima o dopo ne resta avvinto.
C’è chi la esprime in tarda età.
Personalmente ci sono caduto subito, nell’opera prima “L’acchiatura”, a metà degli anni Settanta, già in Veneto, quando i ricordi della mia breve permanenza salentina erano ancora delineati, e non me ne sono mai pentito.
Gli amici lettori trevigiani furono semplicemente incuriositi dall’immagine descritta.
Ne propongo uno stralcio a distanza di circa quarant’anni, un’esistenza…
Chissà se ancora può irradiare almeno briciole d’emozioni al lettore di questo blog!
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Accadde in un infuocato pomeriggio estivo. Ci avviammo, tenendoci per mano, verso la pineta dove avremmo dovuto ascoltare alcuni dischi e consumare un paio di “frisedde” \…\
Alcuni monelli ci tagliarono la strada canzonandoci con quella solita, rituale cantilena che tanti guai aveva arrecato a quelle coppie che serbavano gelosamente il loro amore: Lu zitu e la zita! Lu zitu e la zita! Lu zitu e la zita!
Qualche donna, col bimbo in braccio, compariva sull’uscio di quelle case imbiancate di calce, trattenendo la cortina posta a protezione dalle mosche, fissandoci sfacciatamente, aguzzando lo sguardo. Le vecchie, nel loro soffocante abito nero, in contrasto con tutto quel bianco che invadeva anche i tetti bassi, sollevavano gli occhi dai ferri per seguire i nostri passi, accompagnandoli col lento movimento delle teste avvolte da larghi fazzoletti, annodati vistosamente sotto il mento.
\…\ c’incrociò un contadino che rientrava al paese, trascinandosi il suo lento mulo, carico sino all’inverosimile \…\ Restammo a giacere sul prato di cicoria per un tempo indefinito \…\
Il primo movimento per evadere da quel torpore fu quello di mettere in funzione il giradischi, per cadere poi in un secondo abbandono, conciliato dalla voce dei Platters nella loro “Smoke gets in your eyes” \…\
“Le vecchie, nel loro soffocante abito nero, in contrasto con tutto quel bianco che invadeva anche i tetti bassi, sollevavano gli occhi dai ferri per seguire i nostri passi, accompagnandoli col lento movimento delle teste avvolte da larghi fazzoletti, annodati vistosamente sotto il mento…”.
che ritratto fedele sei riuscito a trasmettere Ferruccio…certo che ci hai emozionato…certo!
Un quadretto di vita vissuta vero, verissimo, reso in termini letterari di pregevole livello. Una chicca tra le tante apparse in un blog che ci stimola a quotidiane visitine! Personalmente non ne sono mai uscito a mani vuote!
Gemmellaro è un acquisto imperdibile e per questo teniamocelo stretto sperando di poterlo leggere con maggiore frequenza.
Gino, amici, abbiamo chiuso da pochi minuti le nostre postazioni di Via Maggiore che oggi hanno registrato una fiumana di visitatori entusiasti!!!!
Grazie buoni amici, per me vale come un’aspettata, magnifica inversione temporale, una sorta di ritorno a casa, che non sarebbe mai accaduto senza voi e questo amabile blog
non sarebbe “amabile” senza i miei amabili frequentatori! Grazie a voi per il prezioso contributo che apportate alle mie povere fatiche!